Il nostro padrone di Grazia Deledda (1920): E mentre egli si disponeva a partire per il posto ove il Perrò l'aveva destinato, Bruno cercò la sua antica capanna e vi gettò dentro il suo fagotto; indi ritornò verso la tettoia ed esaminò i registri e i bollettari, contò i sacchi, e infine visitò la dispensa dove i «lavoranti» erano obbligati ad acquistare le loro provviste.
I promessi sposi di Alessandro Manzoni (1840): E quando l'innominato, alla fine delle sue parole, alzò di nuovo quella mano imperiosa per accennar che se n'andassero, quatti quatti, come un branco di pecore, tutti insieme se la batterono. Uscì anche lui, dietro a loro, e, piantatosi prima nel mezzo del cortile, stette a vedere al barlume come si sbrancassero, e ognuno s'avviasse al suo posto. Salito poi a prendere una sua lanterna, girò di nuovo i cortili, i corridoi, le sale, visitò tutte l'entrature, e, quando vide ch'era tutto quieto, andò finalmente a dormire. Sì, a dormire; perché aveva sonno.
Piccolo mondo moderno di Antonio Fogazzaro (1901): “La reazione di vergogna e di nausea fu violentissima. Allora il matrimonio con una fanciulla tanto pura e severa come mia cugina mi parve un asilo di pace. Quando la sposai mi credetti innamoratissimo di lei. Però neppure a lei ho voluto raccontare i miei propositi segreti di una volta. Solo mi ricordo che si visitò insieme Praglia, che il trovarmi nel cortile pensile con mia moglie mi fece una impressione straordinaria e che mia moglie mi domandò e mi ridomandò se mi sentissi male. Adesso, don Giuseppe, viene qualche cosa di tanto penoso a dire! Mi pare una viltà di raccontare certe cose quando...„. |