Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1958): “Don Calogero, non cambiarne le carte in tavola. Ricordatevi che sono stato io a pregarvi di venire qui. Volevo comunicarvi una lettera di mio nipote che è arrivata ieri. In essa si dichiara la passione sua per la signorina vostra figlia, passione che io...” (qui il Principe titubò un poco perché le bugie sono talvolta difficili da dire davanti a degli occhi a succhiello come quelli del sindaco) “della quale io ignoravo tutta l'intensità; ed a conclusione di essa egli mi ha incaricato di chiedere a voi la mano della signorina Angelica.”
L'alfier nero di Arrigo Boito (1867): Giunto alla quindicesima mossa, s'accorse che il suo re non s'era ancora arroccato, alzò le mani, colla sinistra sollevò il re, con la destra la torre, e stava per compiere il movimento quando scorse nell'occhio del negro un ilare lampo di speranza; non indovinò la ragione; stette ancora coi due scacchi per aria studiando la partita, titubò; l'occhio di Tom seguiva affannosamente, fra la gioia e il timore, i più piccoli segni delle due mani, bianche come l'avorio che serravano.
Daniele Cortis di Antonio Fogazzaro (1906): Rispostogli da Elena che non le occorrevano, insistette, la pregò di parlare schietto, poiché del danaro ce n'era d'avanzo e lei ne poteva chiedere, per sè, fin che volesse. Già doveva diventar tutta roba sua un giorno o l'altro. Elena titubò un istante, poi rifiutò. Il conte Lao non ne parlò più. |