Il ventre di Napoli di Matilde Serao (1884): Salvatore Daniele squarta la Gazzarra: biglietto; il popolo dice: chella è mmorta, mo, almeno ce refrescasse a nnuie che simmo vive. Salvatore Misdea ammazza sette soldati: biglietto. La legge ammazza Misdea: biglietto. Su le porte, nei bassi, alle cantonate, i numeri sono discussi da comitati e sottocomitati; il biglietto è stabilito. Non esce: avevano sbagliato, dovevano mettere questo numero e quest'altro, che sono usciti.
Fior di Sardegna di Grazia Deledda (1917): — Ufh! — rispondeva Maura. — io non ci credo! Son tutte bugie come i racconti che raccontate. Bugie! Bugie!... — E benché Francesco mettesse la mano sul fuoco giurando e spergiurando, essa non ci credeva, — credeva invece alle geniali e forti leggende che narrava Daniele, il servo del Goceano, sul castello di Burgos, e i suoi occhi scintillavano di nuovo, ma il sorriso non sfiorava più il suo viso.
Daniele Cortis di Antonio Fogazzaro (1906): Aveva inciso il suo nome lì, nell'autunno del 1869, a sedici anni, pochi mesi dopo aver conosciuto Daniele Cortis, che poteva essere allora sui venti. Si ricordava della prima visita dello zio e del cugino Cortis, nel maggio di quell'anno. Solo dopo il suo matrimonio, Elena aveva saputo che il vecchio dottor Cortis, già emigrato in Piemonte, non si era voluto, per causa della sua sciagura domestica, restituire, nel 1866, al Friuli; e che era stato indotto dalla sorella Tarquinia a comperare Villascura. Quanto tempo trascorso, quante cose! La sonora corrente del Rovese aveva un rombo che stringeva il cuore. |