Arabella di Emilio De Marchi (1888): Il rumore, l'acciottolìo, le ciarle non cessarono se non quando la gente incominciò a infilar la porta. Tutti sapevano ormai chi fosse Tognino Maccagno e di quanto fossero suoi creditori. Tutti imprecavano contro di lui, ladro, usurpatore, ciascuno in misura del danno che credeva d'aver sofferto. Sulla scala continuarono le discussioni: si trascinarono fin sulla piazza. Don Giosuè che era l'anima nera di quella congiura prese note, indirizzi, e col suo scartafaccio sotto l'ascella, traversò di corsa la piazza per non arrivare tardi al vespero in Duomo.
I Viceré di Federico De Roberto (1894): Ella comprese a un tratto; la gola le si strinse convulsamente. Andata via senza dir nulla, traversò la casa con gli occhi gonfi e il cuore tumultuante; giunta nella sua camera, cadde ai piedi dell'imagine della Vergine, scoppiando in pianto dirotto; pianto di gioia, di gratitudine, di rimorso anche: poiché ella aveva sospettato degli innocenti....
Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1958): Lasciò Bendicò affannato dal proprio dinamismo, risali la scala, traversò i saloni nei quali le figlie parlavano delle amiche del Salvatore (al suo passaggio la seta delle loro sottane frusciò mentre esse si alzavano), salì una lunga scaletta e sboccò nella grande luce azzurra dell'Osservatorio. Padre Pirrone, con aspetto sereno del sacerdote che ha detto la messa e preso caffè forte con i biscotti di Monreale, sedeva ingolfato nelle formule algebriche. I due telescopi e i tre cannocchiali, accecati dal sole, stavano accucciati buoni buoni, col tappo ero sull'oculare, bestie bene avvezze che sapevano come il loro pasto venisse dato solo la sera. |