Il resto di niente di Enzo Striano (1986): Spaventata, posò il tostino ardente sul focolare. Scappò a guardarsi nello specchio: era sciamannata, sudata, senza trucco, i capelli un inferno. Ma non sembrava che la pelle stesse avvizzendo. Oh sì, due tagli piccolissimi ai lati della bocca, un'incrinatura sottile nel bianco spazio della fronte. Poi scoprì, in un riccio, impercettibili riflessi d'argento.
Quel che affidiamo al vento di Laura Imai Messina (2020): Yui scoprì invece che Takeshi, quell'unico giorno del mese, si rifiutava di portarsi dietro il cellulare. Disse che il viaggio gli serviva fisicamente, aveva bisogno di sentire la distanza col corpo. Il cellulare, secondo lui, rischiava di riportare indietro il tempo, di metterlo costantemente di fronte al se stesso di sempre.
L'isola del giorno prima di Umberto Eco (1994): Roberto lascia intravedere assai poco circa gli anni che passarono tra il suo ritorno alla Griva e il suo ingresso nella società parigina. Da sparsi accenni, se ne trae che restò ad assistere la madre, fino alla soglia dei suoi vent'anni, discutendo di mala voglia con i fattori di semine e raccolti. Non appena la madre ebbe seguito il marito nella tomba, Roberto si scoprì ormai estraneo a quel mondo. Dovrebbe aver allora affidato il feudo a un parente, assicurandosi una solida rendita, e aver girato il mondo. |