I promessi sposi di Alessandro Manzoni (1840): Radunò i servitori che gli eran rimasti, pochi e valenti, come i versi di Torti; fece loro una parlata sulla buona occasione che Dio dava loro e a lui, d'impiegarsi una volta in aiuto del prossimo, che avevan tanto oppresso e spaventato; e, con quel tono naturale di comando, ch'esprimeva la certezza dell'ubbidienza, annunziò loro in generale ciò che intendeva che facessero, e soprattutto prescrisse come dovessero contenersi, perché la gente che veniva a ricoverarsi lassù, non vedesse in loro che amici e difensori.
La madre di Grazia Deledda (1920): La vedova, con la ragazzina per mano, usciva dalla casa parrocchiale; i ragazzi le si slanciarono incontro, e in un attimo la notizia del miracolo si propagò per il paesetto. Allora fu veduto uno spettacolo che ricordava quasi quello dell'arrivo del prete: tutta la gente si radunò nella piazza, e Nina Masia fu dalla madre collocata sopra i gradini della porta della chiesa: lassù, bruna, legnosa, coi suoi occhi verdi e il suo fazzoletto rosso, parve per un momento l'idolo primitivo di tutta quella semplice gente di fede.
Il resto di niente di Enzo Striano (1986): In aprile fu accolta all'Accademia dei Filaleti, su proposta del duca di Belforte. Una sera, dai Serra di Cassano, Belforte (aveva indossato per la circostanza una giambergona d'azzurrissima seta, con jabot di mussola color tortora, parrucca nuova candida, olezzante, e ostentava anello con diamante a ogni dito peloso) chiamò a raccolta il crocchio dei letterati tenaci. Li radunò nel saloncino d'angolo, quello dei canapè ciliegia, gli arazzi di Beauvais. Dalla balconata aperta sui giardini pensili di magnolie e cedri piantati nei sarcofagi di Ercolano, si vedevano il gioco dei terrazzi, le cupole di Pizzofalcone, Castelnuovo. |