L'isola di Arturo di Elsa Morante (1957): Io non seppi che rispondere alla sua domanda: in verità, non sapevo neppure io dove andassi, e, precisamente, non andavo in nessun luogo. - Eh, che a quest'ora fa caldo, - riparlò lei, - e tutti dormono... - Così dicendo, di sotto le palpebre oblunghe e molto cigliate, che sembravano pesarle sugli occhi, mi volse uno sguardo che parlava chiaro: come se lei fosse un'Odalisca, e io il Sultano!
La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano (2008): Alice si avvicinò, cercando di cogliere dei frammenti dai loro discorsi, ma prima che potessero notarla passò oltre e si diresse verso il fiume. Da quando il Comune aveva deciso di tenere la diga aperta tutto l'anno, non scorreva quasi più acqua in quel punto. Nelle pozze oblunghe il fiume sembrava immobile, come dimenticato, esausto. La domenica, quando faceva caldo, la gente si portava le sdraio da casa e scendeva là sotto a prendere il sole. Il fondale era fatto di sassi bianchi e di una sabbia più fine, giallastra. Sulla sponda l'erba era alta, ad Alice arrivava più su delle ginocchia.
Il deserto dei tartari di Dino Buzzati (1940): I due si mossero, camminando insieme, e passarono dinanzi alle piccole finestre oblunghe, chiuse da inferriate: di là si scorgevano la nuda spianata dietro la Fortezza, i monti del sud, i vapori grevi della valle. «E allora» riprese Drogo dopo un silenzio. «Allora tutti quegli entusiasmi, quelle storie dei Tartari? Non è che ci sperassero veramente, allora?» «Altroché se ci speravano!» disse Ortiz. «Ci credevano, effettivamente.» |
- Nel 1827, in Annali universali di tecnologia, di agricoltura, di economia rurale e domestica, di arti e di mestieri di Luigi Bossi, è riportato: "I Francesi danno il nome di foudres a quelle botti oblunghe, che hanno la forma di barili, ma sono assai più estese, specialmente in lunghezza, e che in Lombardia comunemente si nominano bonze".
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