Definizioni da Dizionari Storici |
Vocabolario dei sinonimi della lingua italiana del 1884 |
Carezze, Fichi, Moine, Lezj - Le Carezze sono atti o parole di affetto, che si fanno ad alcuno per pura significazione di esso affetto. - «Andai a Roma e mi furon fatte molte carezze. - Fa molte carezze a que' bambini.» - Quando si dice Fichi si dice l'esagerazione delle carezze, e accenna a sdolcinatezza in chi li fa; e quando tali dimostrazioni si fanno con atti o parole o troppo squisite, o quasi bambinesche, si dicono Lezj; le quali due voci Fichi e Lezj si trasportano anche a significare il maggiore o minor grado di quelle svenevolezze che alcuni fanno, o scusandosi di accettar qualche cosa come indegni, o rifiutando lodi, o mostrandosi ritrosi a ciò che in cuore desiderano. - Le Muine o Moine sono anche esse carezze affettate esageratamente, le quali per lo più son fatte col fine di lusingare altrui, e tirarlo alla propria voglia. [immagine] |
Dizionario dei sinonimi - Zecchini del 1860 |
Smorfie, Lezii, Smancerie, Moìne, Svenie, Daddole; Smorfia, Affettazione - Le smorfie o sono boccaccie e gesti ridicoli fatti in società da chi si piglia la parte del buffone onde far ridere la brigata; o sono atti, contrazioni meno scomposte della bocca, ma accompagnate da senso di disprezzo, di dispetto o simili, sparso in tutto il volto: da ciò smorfioso, smorfiosaggine; da ciò fare le smorfie, cioè non accettare o veder con piacere la tal cosa, la tal persona. Smancerie ha senso affine a smorfie in questo suo secondo significato: ma sono forse alquanto più affettate e manierate. Le smorfie sono di chi sprezza o sdegna assolutamente per orgoglio: le smancerie di chi vuol farsi pregare, di chi non vuol parere, ma che pure in cuor suo desidera di essere sollecitato a fare, a dire, ad accettare. Le svenie, oh Dio! sono più sciocche, più sguaiate ancora; imperdonabili in tutti, ma più nell'uomo; eppure v'hanno di que' tali che, non so per quale ridicola affettazione di malattie o delicature immaginarie, sono più svenevoli della più debole femminuccia. Le moìne si fanno piuttosto altrui, perchè ha, come si vide in altro articolo, senso affine a carezze; pure vi è chi fa moìne a se stesso; cioè assume tuono di voce, volto carezzevole per essere accarezzato, lisciato esso medesimo: fa moìne anco chi finge non accettare dono a primo tratto, e vuol essere pregato un po' alla lunga. Lezii, secondo me, viene da lazzi, ma l'atto è corretto come la parola; si fanno lezii onde piacere, e fanno sorridere se la persona è giovane e garbata; sono atti fra il sorriso e il dispetto; son parole fra l'ironia e la lode sincera; fatti e detti con ispirito, con una certa unzione riescono a bene: puonno però offendere i permalosi. Lezii ha eziandio senso affine a moìne in quanto, veri o finti, sono una certa affettazione non dispiacente o non tendente in modo diretto a dispiacere. L'affettazione è una smorfia continua, un'esagerazione, un velo che cuopre il vero sentire fisico o morale; chi più affetta di sentire, meno sente: chi più affetta generosità, amicizia, disinteresse e simili, è da scommettere che meno ne ha; perchè i sentimenti veri si fanno chiari da sè e non hanno bisogno di essere oltre spinti per venire conosciuti o degnamente apprezzati. [immagine] |
Carezze, Lusinghe, Moine - Le carezze sono primieramente più sincere, poi più manuali; possono essere però accompagnate da detti affettuosi e da dolci parole: le lusinghe invece in parole quasi onninamente consistono; anzi in adulazioni o promesse, per lo più esagerate e perciò vane: ond'è che lusingare sarà mai sempre affine a ingannare, e lusinga a vana promessa e speranza. L'uomo è però così cieco che il più delle volte dalle lusinghe lasciasi piegare e vincere. Sono le moìne carezze alquanto lusinghiere e adulatrici; si fanno dal debole al forte onde ottenerne qualche cosa; puonno essere in fondo sincere, benchè un poco affettate; ma non è rado che siano affatto affatto ingannevoli e ingannatrici. [immagine] |
Dizionario Tommaseo-Bellini del 1865-1879 |
Moine - S. f. pl. Lezii, Specie di carezze di femmine e di bambini a fine di farsi benevolo ed acquistar la grazia altrui e dicesi anche di adulti che le facciano per ottenere con le lusinghe qualche intento, o per ricoprire un errore. Gr. Μιμέομαι. La scimmia Monna. Aristof. Πιθηκισμὸς, Mollia verba. Ma può essere suono di per sè imit. Gell. Mulcedo. Agn. Pand. 88. (M.) A tutte le loro parole, e moine presta lieta fronte, e orecchie. Cron. Morell. 261. (C) I gran parlatori, millantatori, e pieni di moine, gòditegli nell'udire, e da' parole per parole. M. Bin. Rim. Burl. 1. 182. Ma chi mi va con sì fatte moine, Vorrei potergli sfondolar la pancia. Salv. Granch. 1. 1. Tante fregagioni, tante Moine… glien'ebbi a fare. Cant. Carn. Paol. Ott. 86. E le troppe moine delle madri Fan con vergogna, e stenti Pianger or quelle, e noi miseri padri. T. Menz. Sat. 1. Sotto la cuffia di moine e risi. Chiabr. lett. 20 (Gen. 1829). Le Muse mi solleticano, ed io non mi rendo alle loro moine.
2. Far le monie. Tanto è a dire Far le forche, quanto lezii, quanto moine, tutte tre una sorta di lusinghe fatte con gesti o con parole, e sono quasi lo stesso che adulazione, ecc. (Minucc. in not. Malm. v. 2. p. 143. col 2.) (Gh.)
Malm. 7. 58. (Gh.) Intorno ti farà per questo fine Un milïon di forche e di moïne.
3. [Val.] Metaf. Chiabr. Lett. 14. Le Muse mi solleticano, ma io non mi rendo alle loro moine. |