Il Fiore delle Perle di Emilio Salgari (1901): Non avanzava però senza aver prima tastato il fondo e ben posato il piede, per tema di perdere l'equilibrio, e si studiava di non bagnare nemmeno i piedi della giovane chinese. Certi momenti, sia che avesse paura che gli scivolasse dalle braccia o per istinto, se la stringeva fortemente al petto, ed allora Than-Kiù sentiva che quelle braccia poderose, che avevano poco prima vinto il formidabile gattopardo, tremavano come quelle d'un fanciullo.
Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1958): Bande, mortaretti, campane, “zingarelle” e Te Deum all'arrivo, va bene; ma dopo la rivoluzione borghese che saliva le sue scale nel frack di don Calogero, la bellezza di Angelica che poneva in ombra la grazia contegnosa della sua Concetta, Tancredi che precipitava i tempi dell'evoluzione prevista e cui anzi l'infatuazione sensuale dava modo d'infiorarne i motivi realistici; gli scrupoli e gli equivoci del Plebiscito; le mille astuzie alle quali doveva piegarsi lui, il Gattopardo, che per tanti anni aveva spazzato via le difficoltà con un rovescio della zampa.
Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia (1961): Venne il caffè e parlava ancora della Sicilia e dei siciliani. La donna lo prese a piccoli sorsi, con una certa eleganza per essere moglie di un potatore. Sorvolando il panorama letterario siciliano, da Verga al Gattopardo, il capitano era andato a posarsi su quella specie di genere letterario, diceva, che erano i soprannomi, le ingiurie: che spesso, acutamente, esprimevano in una parole un carattere. La donna non capiva molto, e nemmeno il maresciallo: ma certe cose che la mente non intende, il cuore le intende; e nel loro cuore di siciliani le parole del capitano musicalmente stormivano. |