La vita in tempo di pace di Francesco Pecoraro (2013): Verso sud-est, sì. Cicladi e poi più a sud». A fine itinerario avrebbero lasciato il Falesà a Rodi. Qualcuno sarebbe venuto a riprenderlo per portarlo a casa. Gli mostrò la rotta che aveva studiato sulla carta e disse che strada facendo avrebbero deciso eventuali alternative, a seconda del tempo e del mare. Ivo ero stordito. il vento era un po' calato, ma era sempre sostenuto e il ponte ondeggiava un poco. Una nausea leggera, il mal di testa. Non sapeva cos'altro dire se non che sì, per lui andava bene, doveva solo riposare un po'. Sabina sedeva nel pozzetto con loro, s'era messa una felpa e taceva, le gambe nude, la pelle d'oca.
Il caso Korolev di Paolo Aresi (2011): Korolev sapeva che sarebbe morto prima, che sarebbe morto da solo, che avrebbe sofferto duramente lì nella solitudine dello spazio, dentro a quella navicella. Sarebbe morto per la sua malattia o per un incidente. Uno scontro con un meteorite, il cattivo funzionamento dell'impianto di riciclo dell'aria, un sistema nuovo, sperimentale. Aveva con sé la morfina per gli eventuali momenti insopportabili. Qualora egli fosse morto nessuno avrebbe azionato i razzi frenanti e la sua navicella avrebbe incontrato Marte e l'avrebbe superato e avrebbe continuato la sua corsa nello spazio per sempre.
Memorie di un cuoco d'astronave di Massimo Mongai (1997): I codici a barre li portiamo tutti, disegnati, o con tatuaggi magnetici o altri metodi: ci sono scritte dentro le informazioni essenziali: il nome della specie secondo il codice di accesso, che non è che un numero, le sostanze letali per la specie, eventuali predatori naturali o malattie specifiche, cose così, che oltre tutto vengono automaticamente controllate dai computer; in un codice microfilmato riportato su tutte le superfici possibili una valanga di informazioni ma tutte tecniche e neutre. |