Druida - e DRÙIDO. (Ma questa è forma non secondo l'anal.) [T.] S. m. Sacerdote dell'antica Gallia. Aureo lat. Lo derivano dal celt. Der, Quercia, Wild, Vischio, Dyn, Uomo; giacchè sacro era il vischio ne' riti loro. In Plin. Dryos Hyphear, Vischio della quercia. Ma forse ha orig. più gen. Uomini delle piante sacre. Plin. Dryopteris, Erba simile alla felce, che nasce sugli alberi. Dryimos, Serpente, nel cavo degli alberi. Drimonios, negli Inni Orfici, Abitante de' boschi. V. anche l'etim. di DRIADE.
I druidi erano delle più nobili schiatte, reputati i più saggi, dotti di medicina e di vaticinii. Di Roma li espulse Tiberio; Claudio anche in Gallia ne soppresse l'ordine; e nondimeno li rammenta poi Tac. e altri: prova che imperatori e re sanno opprimere, non sopprimere; e che i soppressori quanto più si tengono avveduti, più tengono del Claudio, cioè della zucca. T. Svet. Religione de' druidi. – Vop. Druidas Gallicanos. Salvin. Disc. 1. 226. I druidi presso i Celti. [Camp.] Com. Ces. Li druidi alle cose divine sono presidenti; li sagrificii pubblici e privati amministrano, la religione dichiarano; e da quelli, per imprendere, un gran numero di giovani si riducono. = Car. Lett. 1. 214. (Ediz. d'Aldo 1574.) (Mt.) Druidi, già sacerdoti della Gallia,… non iscrivevano cosa alcuna, nè imparavano, nè insegnavano per mezzo della scrittura.
2. T. E perchè i Druidi avevano sacrifizi di sangue; un Druida è per antonom. Uomo che della relig. fa arme a intenti crudeli. Il d'Urfé nell'Astrea dice Bien druiser per Ben ragionare. Ma il settembrizzare de' nuovi druidi della dea Ragione farebbe interpretare altrimenti il Ben druizzare. Fatale quest'anal. grammaticale del d'Urfé col Marat. |